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Nel 1978, con la “politica della porta aperta” di Deng Xiaoping, la Cina ha cominciato ad aprire il suo mercato al commercio internazionale ed agli investimenti stranieri. L’eliminazione di rigidi parametri, nella pianificazione economica, da parte del Governo ha permesso il passaggio da un’economia statale pianificata ad un’economia socialista di mercato, al fine di favorire gli investimenti stranieri creando gradualmente adeguati apparati economici, un nuovo sistema amministrativo e burocratico e nuovi strumenti in grado di poter tutelare in modo efficace l’imprenditore straniero che si affacciava sul mercato cinese.
Le prime difficoltà incontrate dagli investitori stranieri hanno riguardato, in particolar modo, la registrazione del proprio marchio (shangbiao) e la sua tutela una volta registrato. Il marchio identifica e distingue i prodotti ed i servizi di una persona fisica o giuridica da quella dei suoi concorrenti, permettendo così anche ai consumatori di distinguerli chiaramente.
Il marchio racchiude in sé una serie di valori e caratteristiche che lo distinguono dagli altri prodotti, conquistando così l’interesse dei consumatori, che acquisteranno il prodotto con sicurezza. La protezione del marchio implica che il titolare dello stesso abbia l’uso ed il godimento esclusivo e pertanto il diritto di difendersi contro chiunque tenti di utilizzare o registrare marchi identici o simili causando, in tal modo, confusione nel pubblico.
La legge sui marchi in Cina
La disciplina della registrazione del marchio è contenuta nella Legge sui marchi della Repubblica Popolare Cinese (Trademark Law of the People’s Republic of China). Tale legge ha subito profondi aggiornamenti e modifiche dal primo varo del 23 agosto 1982, da ultimo emendata il 30 agosto 2013, perfezionandosi costantemente in relazione alle circostanze economico-giuridiche emergenti. Il marchio, secondo quanto disposto dalla legge, deve avere caratteri distintivi, essere di facile differenziazione, non deve confliggere con i legittimi diritti che terzi abbia conseguito in precedenza. Inoltre, esso non deve contenere segni:
- identici o simili al nome dello Stato, alla bandiera nazionale, ad un emblema nazionale, ad una bandiera militare o a decorazioni della Repubblica Popolare Cinese; quelli identici a nomi di specifiche località o a nomi e figure di edifici simbolici dove è collocato un dipartimento governativo centrale dello Stato;
- identici o simili ai nomi di stati, alle bandiere nazionali, agli emblemi nazionali o alle bandiere militari nazionali di paesi stranieri, eccetto quelli il cui uso è consentito dal governo del paese;
- identici o simili ai nomi, bandiere od emblemi di organizzazioni intergovernative internazionali, eccetto quelli il cui uso è consentito dall’organizzazione o per il quale il pubblico non sia fuorviato;
- identici o simili a simboli o bolli ufficiali, indici di controllo o garanzia, a meno che non siano stati autorizzati;
- identici o simili al simbolo od al nome della Croce Rossa o della Mezzaluna Rossa;
- che abbiano natura discriminatoria nei confronti di qualunque nazionalità;
- che costituiscono pubblicità esagerata ed ingannevole;
- pregiudizievoli della morale e della consuetudine socialista od aventi alter influenze nocive
Inoltre, non possono valere ai fini della registrazione del marchio: i) simboli che presentino solamente il nome generico, la figura od il modello del prodotto cui si riferiscono; ii) simboli che indichino esclusivamente la qualità, le principali materie prime, la funzione, l’utilità, il peso, la quantità od altre caratteristiche del prodotto a cui si riferiscono; iii) simboli carenti di carattere distintivo.
Registrazione del marchio: Lo scoglio della lingua
Una delle principali problematiche che le aziende hanno dovuto affrontare è la registrazione del marchio in caratteri cinesi. Pur non obbligatoria per legge, la registrazione della “versione cinese” del marchio, ovverosia la registrazione contemporanea del marchio in ideogrammi cinesi oltre che in lettere latine, o meglio ancora tramite la translitterazione in caratteri cinesi del marchio, risulta fondamentale.
Numerose società importanti, tra cui Coca-Cola, hanno commesso il grave errore di registrare il proprio marchio in Cina esclusivamente in caratteri occidentali, lasciando, pertanto, la possibilità agli imprenditori locali di registrare il medesimo marchio in ideogrammi cinesi e vendere i medesimi prodotti in modo del tutto legale. Per riuscire ad avere un impatto immediato e positivo sui nuovi consumatori è necessario trovare alcuni caratteri che richiamino il suono del brand originale e che abbiano un significato.
Prendendo sempre ad esempio Coca-Cola, essa era alla ricerca di caratteri che dessero origine ad un brand name positivo; i commercianti attribuirono ai prodotti dell’azienda americana caratteri la cui pronuncia era “ko-ka-ko-la”. Questi caratteri insieme hanno significati senza senso; a seconda del dialetto, essi possono significare “mordere il girino di cera” o “la femmina del cavallo imbottita con la cera”.
Successivamente, quando l’azienda entrò nei mercati di Hong Kong e Shanghai, il nome cantonese scelto, che riproduceva il suono inglese del brand, portava con sé un significato strano: “buono per la bocca e per la cera”. Solamente nel momento in cui la Coca-Cola è entrata nel principale mercato cinese, il brand ha raggiunto una traduzione perfetta, che suscitava maggior attrazione sui consumatori rispetto al suono originale inglese: 可口可乐(kěkǒu kělè). Tali caratteri significano letteralmente “permettere alla bocca di essere in grado di rallegrarsi” o più semplicemente “gradevole e che rende felice”.
L’operazione di traduzione del brand name non è affatto semplice ed, in alcuni casi, il metodo di traduzione scelto non ha condotto a risultati positivi. Ad esempio, l’azienda italiana Trussardi, adottò una semplice trascrizione fonetica del marchio che riconduceva ad una espressione negativa: infatti, Trussardi, in cinese diventa 特鲁萨尔迪 (tèlǔsà ěrdí) dove i primi due ideogrammi significano “particolarmente sciocco”.
Modalità di registrazione del marchio in Cina
Una volta che l’imprenditore decida di registrare il marchio in Cina, esistono due diverse modalità di registrazione: la registrazione nazionale e la registrazione internazionale. La prima è riservata a tutte le persone fisiche o giuridiche aventi residenza o sede abituale dei propri affari in Cina e deve essere presentata domanda di registrazione direttamente all’Ufficio marchi o tramite le Agenzie per la registrazione dei marchi (Trademark Agencies).
A tal proposito, l’ultimo emendamento della Legge sui marchi ha previsto che esse svolgano le proprie attività improntandole ai principi di correttezza e buona fede, mantenendo altresì riservati i segreti industriali comunicati dal soggetto richiedente la registrazione.
Tuttavia, anche le persone fisiche o giuridiche straniere hanno la possibilità di utilizzare la registrazione nazionale ed, al fine di presentare domanda di registrazione del marchio, devono affidarsi necessariamente, direttamente o tramite uno studio legale di consulenza del paese di origine, ad un’agenzia autorizzata e qualificata dallo Stato come Agenzia per la registrazione dei marchi. Una volta depositata la domanda, essa viene verificata al fine di controllare se il marchio che si intende registrare sia identico o simile a marchi già registrati in precedenza o già in attesa di registrazione.
Diversamente, per quanto concerne la registrazione internazionale, essa implica una domanda all’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (World Intellectual Property Organization, WIPO), con richiesta di estensione alla Cina.
Benché le due modalità consentano di proteggere il marchio con la medesima efficacia, è consigliabile registrare il marchio tramite la registrazione nazionale: infatti, la classificazione dei servizi e dei prodotti adottata dall’Ufficio marchi cinese è nettamente più articolata e specifica della classificazione internazionale di Nizza, a cui si fa riferimento nella registrazione internazionale. Pertanto, è frequente che gli esaminatori dell’Ufficio marchi cinese rifiutino l’estensione della registrazione del marchio in Cina ed, inoltre, possedere un certificato di registrazione nazionale semplifica gli adempimenti amministrativi in caso di registrazione del marchio in dogana od in caso di azione in giudizio, in quanto non ne occorre la traduzione certificata presso la competente Amministrazione statale per l’Industria e per il Commercio.
Conclusioni
Alla luce dell’analisi esposta, non registrare il marchio in Cina genera conseguenze pregiudizievoli quali: i) l’impossibilità di registrare od usare il proprio marchio nel mercato cinese; ii) il blocco dei propri prodotti sia in fase d’importazione sia eventualmente in quella d’esportazione; iii) la costrizione ad acquistare i propri marchi da chi li ha precedentemente registrati ad un costo decisamente ben più elevato rispetto a quello irrisorio della registrazione; iv) l’adozione di una nuova immagine aziendale attraverso la creazione di nuovi marchi appositamente realizzati per il mercato cinese.
L’evoluzione decennale della tutela dei marchi in Cina, ha condotto ad importanti risultati sotto il profilo giuridico-economico: si nota, pertanto, una maggiore maturità giuridica del legislatore cinese, nell’affrontare tali questioni, ed un elevato pragmatismo giuridico nell’adottare misure e regolamenti disciplinanti fattispecie che sorgono con lo sviluppo dell’economia cinese e la maggiore apertura al mercato internazionale. La tutela del marchio in Cina non risulta più un tabù ed, alla luce dell’ultimo emendamento del 2013, gli imprenditori sono dotati di tutti gli strumenti necessari per registrare il marchio e, successivamente, per tutelarlo.
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